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Standard per quantitativa NIST?

Cari colleghi cristallografi,

invio questa mail, soprattutto ai colleghi “polveristi”, per conoscere la loro opinione sulle informazioni riportate nel certificato dello standard NIST 674B (http://www.cristallografia.org/uploaded/614.pdf ) e che si riferisce a materiali costosi forniti come standard per l’analisi quantitativa.

Soprendentemente, come testimoniato nel certificato,

le percentuali di standard “cristallino” deviano in modo significativo dal 100 %, e non esiste menzione  su quale ne sia l’origine. Pensare ad un >10% di contaminante in uno standard NIST mi fa saltare sulla sedia.

Qualcuno ha esperienza di materiali alternativi (o comunque affidabili) che si possono comprare da Aldrich/Fluka o simili, o che addirittura si possono fare in casa? Io pensavo a MgO (difficile pensarlo amorfo o polimorfico) o NaF (se opportunamente ridotto a polvere senza PO ed essicato in stufa).

Grazie dell’attenzione

Norberto

Nota di Monica Dapiaggi: i commenti successivi (non firmati da me) sono arrivati via mail e sono stati aggiunti dalla sottoscritta con l’autorizzazione degli autori


6 commenti

  1. Monica Dapiaggi ha detto:

    giusto per chiarire, come si vede dal nostro articolo (non credo sia legale metterlo sul sito, ma penso che la maggior parte di voi abbia una subscription al journal of applied crystallography), il corindone fatto in casa non ha le stesse ‘prestazioni’ di quello della NIST (il famoso 676a, quello il cui costo si aggira sui 1600-1700 dollari, dogana esclusa), ma per le esigenze del nostro laboratorio va benissimo.

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  2. Monica Dapiaggi ha detto:

    sono d’accordo con Massimo…gli alogenuri (ma anche MgO) sono molto igroscopici…il rischio è che lo studente medio (che è pigro per definizione) non metta in stufa lo standard prima di pesarlo, con conseguente errore madornale nella determinazione dell’amorfo.
    Visto anche il coefficiente di assorbimento (che va benissimo per le ceramiche), resterei fedele al corindone.
    ciao a tutti
    Monica

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  3. Monica Dapiaggi ha detto:

    Come ulteriore commento direi che gli alogenuri alcalini, sebbene tra i materiali piu’ stabili, non sono ben visti come standards per la loro tendenza igroscopica soprattutto quando sono polveri fini. Andrebbero fusi, macinati in atmosfera controllata, setacciati e conservati in essicatore.
    Lo standard ideale per la quantitativa è un materiale perfettamente cristallino di grani fini, ma non troppo, e di morfologia sferica (!). Le linee guida che segue NIST sono illustrate in questa presentazione (diapo 7, 35-37).

    Fai clic per accedere a 1-1_JCline_APD_IV.pdf

    Ogni contributo e’ il benvenuto
    Massimo

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  4. Monica Dapiaggi ha detto:

    Mi è chiaro il tutto, ma trovo curioso che il NIST si faccia pagare un sacco di soldi e non sappia fornire uno standard con purezza cristallografica più elevata. Volendo usare questi standard, ovviamente dovrei rinormalizzare, nessun problema. Ma farsi in casa qualcosa che sia vicina al 100% (diciamo 99%) non dovrebbe essere difficile.
    Se pigli NaCl chimicamente puro al 99.99% (Aldrich) e lo ricristallizzi (a parte l’orientazione preferenziale massiccia dei cubetti!) e lo macini, ti aspetti che compaia in parte come amorfo?
    O anche senza ricristallizzare!!!!
    E’ per questo che suggerivo MgO. Andrebbe testato..
    E pre certificare la phase purity basterebbe usare appunto un materiale che NON ha polimorfi a T e P ambiente e che la cristallochimica non permette di vivere da amorfo!

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  5. Monica Dapiaggi ha detto:

    Norberto,
    quella che nel certificato viene definita la ‘phase purity’ non e’ la purezza chimica. In tal caso dagli usuali fornitori di prodotti chimici troveremmo ben di meglio. E’ riferito alla ‘purezza cristallina’. Ricordo vagamente, in questo momento non mi ritrovo il rif. bibliografico, il caso dell’allumina 676 (ora ritirata, phase purity intorno al 92%) dove il resto era sostanzialmente alumina amorfa. Detto standard fu poi rimpiazzato dall’attuale 676a, phase purity 99%.
    Fai bene a sollevare il caso anche perche’ mi chiedo: chi fa le analisi quantitative e usa ad esempio TiO2 (phase purity 90%) deve tenere conto? tiene conto di questo?
    Prodotti comprati da altri fornitori o fatti in casa possono avere una procedura certa e facile da applicare per definire la ‘phase purity’?
    Grazie per avere sollevato il caso!
    saluti
    Massimo

    dr. Massimo Gazzano
    ISOF – CNR
    Via Selmi 2
    40126 BOLOGNA (ITALY)
    tel +39 051 2099552 fax +39 051 2099456
    e.mail
    massimo.gazzano@isof.cnr.it

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  6. Monica Dapiaggi ha detto:

    caro Norberto,
    temo che la causa della comparsa della nuova serie NIST (la ‘b’ che tu citi) sia un nostro articolo del 2014 (J. Appl. Cryst. (2014). 47, 136-145), in cui mostriamo che la serie ‘a’ contiene quantità non indifferenti di amorfo. Come potete immaginare, la pubblicazione è stata complessa, con uno dei referee che proprio non si decideva a dare la sua approvazione.
    Non avendo quattrini sufficienti ad acquistare il corindone 676a in quantità tali da effettuare le analisi di routine del nostro laboratorio, abbiamo cercato un’alternativa. Abbiamo acquistato vari corindoni dalla Aldrich, li abbiamo calcinati tra i 1250 e i 1500 °C (per eliminare l’amorfo) e abbiamo trovato la nostra ‘ricetta’. Il nostro corindone così trattato (1250 °C per 6 ore) presenta picchi molto stretti (senza code sospette), ma non siamo riusciti a eliminare totalmente una fase secondaria (che ha picchi a basso angolo, ma di intensità veramente molto bassa). Per le nostre esigenze è perfetto! Se interessa, vado a recuperare informazioni sul corindone.
    ciao a tutti
    Monica

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